martedì 27 aprile 2010

Mamma Cattiva da Bravi Bimbi


Devo confessarvi che questa intervista di Barpapapà mi ha proprio divertita.

Le domande dirette ti spingono a cercare delle risposte adeguate e altrettanto dirette ed è un po' come ascoltarsi dall'esterno.

Ringrazio il sito Bravi Bimbi per questo bel momento di condivisione.

domenica 18 aprile 2010

Un giorno riuscirò a rischiare

[Paul Klee - Il funambolo]

I miei cari con me non tirano mai il fiato. Ogni tanto credono che mi sia messa l'anima in pace: quando ho messo su famiglia, ogni volta che ho cambiato lavoro, due giorni dopo il ciclo, il sabato mattina, dopo aver cambiato l'ennesima casa, ma poi bastano pochi giorni e qualche ora in più e Mamma Cattiva, il cui secondo nome è anima in pena, ricomincia a lamentarsi, a volere altro, a cercare un nuovo futuro,  a voler trovare un'ennesima soluzione a quel certo non so che.

Non sono mai convinta di nulla. Il vero rumore di sottofondo, il più stonato e assillante sono io, altro che il mondo intorno e la voce narrante parla al massimo per un paio d'ore per poi spesso mordersi la lingua e pensare "boccaccia mia, ma perché non ti stai zitta e vai oltre?".

Nella mia vita da adulta, quando ho realizzato che avrei dovuto trovare un modo per sbarcare il lunario e magari anche fare qualcosa che mi piacesse, non sono mai riuscita ad arrivare a una risposta soddisfacente. Ho sempre ammirato le persone talentose, quelle con uno specifico ingegno che, se non le porta a farne un mestiere, almeno garantisce loro un momento personale da protagonista. Questo non significa che io non abbia gusti, passioni o preferenze, tutt'altro, ma per nessuno di questi ho scalato una vetta. Non sono specializzata nelle mie passioni. Non pratico quello che mi piace con tale abilità da farne un mestiere.

Potrei fare a voi la domanda senza risposta che faccio puntualmente in coda alle mie lagne : "Dì quello che ti pare amico/a mia, ma sei in grado di dirmi quale è il mio talento, quale è la mia vocazione?" Nessuno ad oggi mi ha dato una risposta convincente.

Eppure io continuo a cercare e, tra un lavoro senza vocazione e l'altro, infilo sempre la speranza di trovare la mia personale strada e fare il lavoro della mia vita, magari da imprenditrice, mettendoci del mio.

Qualche anno fa, Picca meno di un anno e io rientrata a lavorare senza alcun entusiasmo, la mamma di una compagna di asilo di Leo, mi disse che parlando con me e capendo il mio approccio alla vita (e meno male che lo avesse capito lei e non io) le era venuta voglia di farmi conoscere una sua amica. "Incredibile", mi disse, "vi somigliate anche fisicamente e avete la stessa passione per le cose". Aggiunse  che era una gran lavoratrice, che aveva avviato una sua attività ma che, come me, aveva due bambini piccoli e quindi da sola non ce la faceva, che stava cercando una socia. Il caso voleva che abitassimo a due vie di distanza. Quando mi disse il nome del negozio mi si accese il cuore perché mi ci ero fermata dozzine di volte, pensando che quel luogo vendesse  le cose che mi piacevano. Suggestionata dal gioco delle coincidenze accettai di parlarle e in me che non si dica ci intendemmo al volo. Se potessi equiparare la situazione alla conoscenza di un uomo, potrei tranquillamente dire che fu amore a prima vista. In pochi giorni sentii veramente le sensazioni dell'innamoramento. Non vedevo l'ora di vederla per parlare del futuro, facevamo progetti, mi svegliavo piena di energia ed ero convinta al cento per cento che quello fosse il lavoro della mia vita. Avrei dovuto lasciare il mio lavoro a tempo indeterminato per diventare imprenditrice di me stessa e occuparmi di cose che mi appassionavano.

Scintille e cuoricini a parte, avevo una famiglia, costi fissi e variabili nell'arco dell'anno. Rispetto al mio standard di vita, le mie entrate non erano un di più ma parte fondamentale delle entrate totali. In poche parole era arrivato il momento di fare i conti e, quando sei innamorato, è meglio che i conti li facciano altri. Chiamai così una commercialista che freddamente rovesciò tutte le carte e valutò la situazione. Il verdetto finale diceva che c'erano ottimi presupposti per lavorare insieme ma che per un lungo periodo non avrei visto un euro, complici gli investimenti iniziali, i costi d'impresa e la crisi economica che si faceva incalzante. In effetti condurre un'attività commerciale in questo periodo è roba da intrepidi ma io mi illudevo che per noi le cose sarebbero andate diversamente.

Mi ricordo quell'estate passata a fare lunghe telefonate per capire se potessi correre il rischio. Tutti dicevano la propria ma ero io che dovevo decidere. Cambiavo idea ogni secondo e alla fine mi arresi. Scelsi la strada più comoda. Non cavalcai il rischio di impresa, probabilmente la vera differenza tra chi cavalca un'impresa e chi per un'impresa lavora e basta. Mi sentii una codarda e tornai infelice al badge aziendale.

La mia possibile socia è rimasta una mia buona amica. Ha capito la mia scelta ma ha chiuso tutto.
Quando ci vediamo per me è come incontrare un amore impossibile passato e non riesco a non pensare di aver sbagliato tutto.

Nell'amore, nella vita degli affetti, non ho mai fatto scelte di questo tipo. Non ho mai interpellato un calcolatore per prendere decisioni di convenienza e indirizzare i miei sentimenti. Ma nel lavoro spesso è necessario o rischi la pena di non arrivare a fine mese, non solo tu ma anche la tua famiglia.

Dopo c'è stato un altro lavoro, nuovo e più interessante rispetto al precedente ma di quando in quando i miei pensieri vanno a quell'occasione impossibile e perduta.

Un giorno chissà riuscirò a rischiare.

domenica 11 aprile 2010

Vacanze dell'altro mondo


Se un giorno mi avessero detto che un altro giorno sarei andata a passare le vacanze di Pasqua in un Kinderhotel, avrei risposto che si trattava di un equivoco, una svista, un'offerta speciale, un concorso vinto. Chi io? Ma stai scherzando? Io che non sono riuscita a divertirmi in un villaggio Valtur a 17 anni, io che non andrei in crociera neanche pagata, io che mi sono annoiata a morte alle Maldive, io che...

...io che ho due bambini piccoli e sono stanca come mai sono stata nei primi trent'anni della mia vita, forse tornerei alle Maldive (avoglia!!!), accetterei una vacanza premio con il capitano Merril Stubing e a Pasqua sono andata consapevolmente e con il sorriso sulle labbra in una delle strutture accreditate da ben cinque smiley in Austria, mascotte inclusa (un papero gigante).

Lo confesso, sono partita con una certa prevenzione. Mi sono detta: pensa che cagnara in un luogo dedicato alle vacanze di sole famiglie, pensa che mortorio, pensa che goduria i pasti a misura di bambino. Saremo lì a guardarci di traverso, a confrontare le performance in piscina dei nostri campioni olimpionici, alle undici di sera con bambini urlanti ancora svegli, le passeggiate in montagna, la canzonicina del villaggio da imparare a memoria.

Me lo sono scelto con cura. Ho letto e riletto le caratteristiche e ho sperato, sperato di ricredermi, di riposarmi un po' ma anche di godermi un po' i bambini.

Cinque giorni al Gina's Hotel ed ecco cosa ne è uscito fuori:
  • La struttura è magnifica. Il loro segreto sta nell'eliminare ogni possibile problema derivante dal passare una vacanza con i bambini e lasciarti solo il lato buono. E per dirlo io...
  • Cagnara? Ho provato molto più la sensazione di presenza di bambini urlanti in chiesa la domenica che in questo hotel dove nessun ospite ne è sprovvisto. In certi momenti mi sono chiesta dove fossero, anche la sera tardi. E quando era evidente che ci fossero erano talmente presi dalle cose da godere che un urlo o un pianto diventavano l'eccezione. Che carino... piange!
  • Abbiamo mangiato bene e anche loro. Presto, come è giusto che sia per i bambini e i paesi nordici. Si mangiava sempre. Si beveva sempre. Tutte le bibite analcoliche e non dico tanto coca o fanta, quanto caffè, tè, cappuccini, tisane, succo di mele o d'arancia, acqua erano a disposizione tutto il giorno. Il pomeriggio servivano torte magnifiche.
  • Ci siamo divertiti un mondo: a passeggio, con gli animale, al centro giochi, in piscina, con il mago, la papera gigante, i giochi da tavolo.
  • La sera erano stravolti e alle ottoequarantacinque ci imploravano di andare a dormire. Si saliva, buonanotte, codice nel telefono della camera e il doc ed io sgattaiolavamo fuori dalla stanza con un potentissimo babymonitor che suonava dolcemente al richiamo dei pargoli. Scendevamo a berci il cicchetto della sera, a leggere, a rilassarci.
  • Incredibile come i bambini riescono a comunicare tra loro pur non parlando la stessa lingua. Leo e Lena, vicina di tavolo, parlavano la lingua dei conigli e si sorridevano come due innamorati.
  • Ho provato la sensazione di stare con loro ma di non dovermi preoccupare per loro. Avevano imparato le strade per andare ovunque e mi sono meravigliata di vedere Picca, di poco più di due anni, girare autonoma anche sparendo dalla mia vista e tornare sorridente, affatto smarrita.
  • Ci sono attività programmate ma non vivi l'ansia da prestazione. Nessuno viene a prenderti per le orecchie con il gioco del trenino. Tu vai dove vuoi e se lo vuoi.
A me questa formula è piaciuta molto. Non è il tipo di vacanza che voglio portare avanti ma quando ce vo' ce vo'.

domenica 4 aprile 2010

Buona Pasqua


Marta Czok è una pittrice che amo molto. L'ho scoperta anni fa in una galleria di Bologna ma poi l'ho seguita un po' ovunque rincorrendo il sogno di possedere una delle sue opere. Perché certe volte, come per certe pubblicazioni, ti prende la febbre del possesso al posto del semplice uso.

Marta Czok è una cittadina del mondo e questo suo eterno girovagare è nell'anima del suo tratto.

Con una delle sue ultime opere voglio augurare a tutti Buona Pasqua.

Graphite Last Supper (2010) - Marta Czok