L’espressione “ci vuole un bagno di realtà”, intercalata a osservazioni generali su situazioni puntuali e contingenti, mi è sempre molto piaciuta. Richiama a un sano senso di realismo di fronte all’inevitabilità delle cose. Suggerisce di mettere da parte il sentimento comune e di descrivere le situazioni per quelle che sono. Pane al pane e vino al vino. Poco spazio al sentimentalismo.
Sono praticamente all’epilogo delle mie vacanze estive. Ho superato la parte della sabbia, dei bagni al mare, del ferragosto e ora sono immersa nella parte in compagnia dei nonni, i miei genitori, in campagna, un luogo che non mi desta particolari ricordi d’infanzia, perché è arrivato che eravamo già tutti grandi, autonomi e in giro per il mondo. Il doc è tornato a lavorare. Io ci tornerò a breve. Alé!
Il bilancio vacanziero è indubbiamente negativo. E mi spiace dichiararlo a tutti quelli che mi dicono che non devo lamentarmi, che sono pur sempre in vacanza, che c’è la salute, che mi posso godere il doc, i bambini, il tempo libero, la bella stagione. Per tutti questi vorrei attivare il rumore di una bella risata stridula.
Mi sono messa in ascolto di me stessa e di quelli che mi vivono intorno e il frastuono sovrasta sempre il silenzio, quello che mi darebbe un po’ di riposo, di recupero di forze fisiche e mentali. Ero stanca prima, sono ancora più stanca ora e non oso pensare a quello che mi aspetta dopo.
Ho aguzzato le orecchie e ne sono usciti momenti di ascolto più o meno intensi. Spesso rumori, talvolta richiami. Molti ultrasuoni. Poca musica.
Voglio proporveli in una o più righe, in ordine sparso, per come li ho vissuti e appuntati nella mente.
RUMORI COMMERCIALI – Impossibile schivare il bombardamento di proposte di acquisto sulle strade percorse: menu per bambini (cotoletta e patatine fritte, alla faccia della buona salute) gonfiati di gadget inutili, riviste assemblate a prezzi stracciati perché l’editoria non vende, distributori automatici di oggetti insulsi, anche la buona idea di vendere libri cede il passo a titoli di bassa lega. Alle casse degli Autogrill ho detto “No, grazie” a borracce termiche della Coca-Cola (io voglio solo la Coca), a un astuccio rosa fucsia delle Winx (odio le Winx e Picca ancora le ignora), al telo da mare dell’uomo ragno (ne ho cinque di teli), ai Pocket Coffee genialmente proposti nel frigo gelati in questa torrida estate. Ho però ceduto, nel viaggio in nave, a un aquilone della Tirrenia, gelato orrendo incluso che il mio Leo neanche ha finito. Ho detto “No, grazie” ai Vu’ Cumprà, non tanto perché il mio occhio e portafoglio non cedano mai alle loro proposte, quanto perché ogni volta che torno a casa la serie di collane, tuniche e tappetini non riesce a impossessarsi di una vita propria e sembra gridare un rientro a destinazione, come se tutto facesse a cazzotti con l’ambiente urbano e falsamente etnico. Dicasi lo stesso per i falsi d’autore di cui non ho mai capito la logica. Il brand sarà pure rassicurante ma se è falso che sicurezza è?
RUMORI DELLA SPIAGGIA – "È una gioia da gustare come l’aria il cielo e il mare"; "Cocco fresco a pezzettini per la gioia dei bambini"; "Non è certo un tipo sciocco chi divora questo cocco"; Il cocco non è un vezzo il buon gusto non ha prezzo; "Rendi il giorno meno amaro con il cocco di Gennaro".
Mamma Felice nel leggere il mio twittering estivo mi ha rilanciato una bella rima delle sue. Il mio cinguettare invece faceva il verso al mitico Gennaro, il venditore di cocco la cui licenza poetica dava filo da torcere alle mie canzonette per Picca, la quale quest’estate mi ha eletta suo Juke-box preferito. In spiaggia il vero rumore ero io, l’unica a chiedere ai miei figli di non tirare la sabbia, di non mangiarla, di non raccogliere i mozziconi di sigarette, di non mangiarli. Ma perché i fumatori a cui io non chiedo mai di smettere di fumare non rispettano il mio spazio e l’ambiente e usano uno dei loro pacchetti vuoti per buttare le loro cicche?
PIANTI, LACRIME E CAPRICCI – L’abbinata quasi-due e quasi-quattro batte 6 a 2 i “terrible twos” che mi aspettavo solo dalla più piccola. Leo e Picca hanno dato il meglio di loro, mettendo a dura prova la mia capacita di ascolto e la mia nota mancanza di pazienza. Stevenson nel descrivere le metamorfosi del dottor Jekyll nel signor Hyde deve essersi ispirato ai mutamenti repentini e inspiegabili nel comportamento dei bambini:
“Il bambino, prima dell’uomo, non è veracemente uno, ma veracemente due.”
RUMORI DEL VICINATO – Nella casa accanto alla nostra abitavano delle famiglie toscane. Ad eccezione di un bimbo non ancora deambulante, c’erano solo delle bimbe a occhio e croce di circa otto anni, dunque poco interessate a socializzare con i miei quasi-due + quasi-quattro. Nonostante questa evidente e comprensibile scelta di non socializzazione delle vicine, i miei bimbi si incollavano in modo imbarazzante alla staccionata. Le chiamavano, le cercavano, sbavavano sul loro giocare a nascondino. Ho vissuto la sindrome della piccola fiammiferaia, i miei bimbi affamati con il naso spiaccicato sulla vetrina del pasticcere, e ho deciso che le prossime vacanze si faranno in compagnia. Amici, uniamo le forze e liberiamoci dei mostri.
PAROLE DI BIMBI - Leo ci ha stordito di chiacchiere simpatiche. Picca gli andava dietro proponendo le sue prime parole. “Allo(r)a…”quando apre un libricino di storie. “Cos’è?” quando lo sfoglia. “Pesse” per definire qualsiasi forma animale acquatica e non.
“MC, co(rr)i, è pieno di pasculdi”, questo Leo dal giardino. Ora, avete la più pallida idea di cosa sia un PASCULDO? Ero gia pronta con insetticidi, disinfettante e ciabatta in mano quando ho capito che in quella testolina fervida di immaginazione, dicesi Pasculdo… l’irrigatore da giardino. Un nome talmente perfetto che d’ora in avanti tutti gli irrigatori avranno questo nome. Ricordarsi di inserirlo in Wikipedia.
RICHIAMI DALLA BLOGOSFERA – Complice l’Iphone non sono riuscita a staccarmi completamente dalla lettura dei blog, in particolare quelli mammeschi. Devo dire che in alcune circostanze mi sono divertita ma, onestamente, quella due-giorni di commenti un po’ trolleschi nel blog di Wonder in merito alla arci-condita diatriba Estevill sì/Estevill no, mi hanno definitivamente convinta che in certi casi meglio darsela a gambe selvaggiamente e tuffarsi nelle vecchie e tradizionali amate pagine di carta. In effetti non mi sto perdonando questo tempo tolto alla lettura in attesa sul comodino.
Il bagno di realtà me lo sono fatto acre e salato nella percezione che quell’infermiera che, nato Leo mi disse: “Ecco, d’ora in avanti la tua vita non sarà più quella di prima” aveva terribilmente ragione. Altri prima me l’avevano detto ma, nella mia memoria, la vera consapevolezza è attecchita da quel momento e si rafforza giorno dopo giorno.