martedì 28 settembre 2010

Linguaggio mezzo pieno o mezzo vuoto

Il gioco che vedete nell'immagine è stato regalato a Leo che era ancora un bebè.

Leo da piccolo aveva una strana fissazione: adorava il moto rotatorio.

Tutti i bambini si incantano davanti una lavatrice ma Leo andava oltre; non solo era capace di passare un tempo decisamente lungo davanti alla centrifuga ma qualsiasi cosa gli davi in mano tentava di farla girare; le sue braccia non erano da meno. Sembrava un mulino a vento. Certe volte mi faceva anche saltare i nervi. Quando quindi è arrivato questo, una canna da pesca magnetica con cui accalappiare gli animaletti calamitati, passava il tempo a farla girare vorticosamente. Ipnotizzato.

Lo osservavo e non capivo. Il solo fatto che però ci passasse del tempo sereno e contento mi faceva abbassare la guardia e questo gioco lo ha aiutato in uno dei traguardi più attesi da noi genitori: camminare.

Leo si tirava su e iniziava il suo gi(r)a-gi(r)a, così lo chiamava, occhi attenti e concentrati sulla pallina rossa che roteava. E piano, piano si è staccato, in equilibrio. Sembrava un funambolo ma anche un folletto. Non mi capacitavo di questa sua passione ma fatto sta che ha imparato a camminare senza che mi spezzassi la schiena e lasciato un ricordo bizzarro sulle sue prime visioni del mondo.

Il gioco è ovviamente rimasto a disposizione di Picca con Leo che le mostrava le sue abilità da pescatore e oggi gli animaletti sono insieme a tutti gli altri, speranzosi di essere catturati dalle loro manine, un giorno tenere e l'altro aggressive e ingrate. Credo che chiunque abbia visto Toy Story 3 abbia oggi una visione diversa dei giocattoli dei nostri figli.

Picca quando deve andare in un luogo poco conosciuto, tipo la scuola in questo periodo di inserimento, cattura qua e la qualche piccolo gioco rassicurante e "mi fanno compagnia" è il suo modo per dirmi "ti prego fammeli portare con me". Questi piccoli pupazzetti morbidi hanno spesso il privilegio di investire questo ruolo ma sono cinque e non sempre sono tutti a disposizione.

Stamattina ha scelto una giraffa di gomma ma quando siamo saliti in macchina abbiamo trovato il polipo polpo rosa.

MC: "Guarda, Picca. Il polipo polpo è rimasto in macchina!".

Lei lo ha afferrato salvandolo dalla solitudine.

MC: "Povero Polipo Polpo che è rimasto solo tutta la notte".

MC: "Pensa a come si è sentito, al buio, con il temporale, i tuoni e i lampi".

MC: "Deve aver pensato -Oddio, mi hanno abbandonato, qui in questa macchina al gelo, mentre Leo e Picca se la godono con tutti gli altri giochi-".



MC: "…oppure…bè, e se invece avesse detto - WOW! Grandioso! Che bello! Finalmente mi godo la notte…Guarda che lampi, sembrano fuochi d'artificio. Adesso ballo al ritmo della pioggia. E canto urlando, tanto nessuno mi sente. Stupendo quei due monelli si sono dimenticati di me e io canto e ballo…!

Leo: "Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!"

E' una questione di conversazioni. Possiamo sempre scegliere quale versione proporre.

Questo post partecipa al blogstorming.

venerdì 24 settembre 2010

Appendice appendicite


Devo riconoscere una cosa, che i vostri commenti sono piuttosto impegnativi. Non so cosa capita ma partono delle discussioni garbate eppure appassionate su temi un po' spinosi.

E questa volta devo fare un post per rispondervi. Non solo a chi mi ha commentato pubblicamente ma anche a chi mi ha scritto direttamente o che ho visto di lì a poco.
Suvvia, togliamoci questa appendicite.

E' vero. Ho trattato bruscamente e spavaldamente il tema del tradimento, pungolata dalla lettura di un libro che te lo infila dentro le membra. Ne esco ancora molto turbata. E poi alla fine del mio precedente post me ne esco con un apparente attacco alle donne/amanti, io che dichiaro a mari e monti di detestare le conversazioni di genere e i cliché pre-compilati. Ma come? Parli alle donne? E agli uomini, no? E poi perché te la prendi con lei? E' lui che ti ha tradito. Infondo lei neanche ti conosceva, badava ai suoi interessi, magari lo amava infinitamente ed era l'uomo della sua vita e con te lui si lacerava in una storia malata, bruciata, finita. Ma come, tu neghi l'amore assoluto e poi ti dichiari così estremista verso la categoria delle amanti?

Spieghiamoci e chiariamo i fatti. Per me è un fatto che la vita è talmente complessa che dividerla tra i buoni e i cattivi è sempre troppo banale. Per me il mondo è fatto di persone e non di uomini e donne. Certo ci sono gli uomini  e le donne e anche tante interessanti vie di mezzo ma proprio per questo motivo il mio approccio alle persone si qualifica come approccio ai singoli individui. Per quanto la rete ci ha dato modo di conoscere e frequentare un numero assai maggiore di persone rispetto a quando conoscevamo e frequentavamo solo il mondo fisico, io sono dell'idea che nella nostra breve vita le persone con cui abbiamo a che fare sono così poche che abbiamo per ognuna il tempo di farcene un'idea, magari anche in evoluzione. Questo per dire cosa? Che anche ogni storia di tradimento ha le sue logiche e le sue giustificazioni e io non sono una vecchia moralista che manda al rogo chi tradisce. Men che meno solo le donne.

Per me chi tradisce è prima di tutto consapevole di farlo. Sa. Sa di poter fare del male, sa di raccontare menzogne e di vivere di sotterfugi. Sa che esiste un altro o un'altra e nonostante questo accetta di non essere l'unica/o. Molti di coloro che mi hanno commentato per difendere la causa dell'amante hanno detto che non sapevano. Quando non sai, pur tradendo, sei vittima. E se quando lo scopri ti incazzi e pretendi che l'altro/a si assuma le sue responsabilità e decida quale strada prendere allora vuol dire che hai rispetto per te stesso/a.

Ho accusato le donne da controparte ferita e me la sono presa con quelle che non fanno neanche uno sforzo di empatia, che non provano disgusto all'idea che quando lui ti appartiene, in altri momenti è anche dell'altra. E tu lo sai mentre l'altra no. Ciò non toglie che il primo che ho preso a pugni è stato lui.

Curioso che io abbia anche provato a capirla. @Isa, me lo sono posto il pensiero che lei era innamorata e non poteva razionalizzare. Ma sai alla fine cosa mi sono risposta? Che no, io nella stessa posizione non l'avrei fatto, che non avrei potuto amare un uomo che fa il doppio gioco, che avrei preteso molto di più, che avrei posto le mie condizioni. Esattamente come non accetterei di subire violenza fisica, quella per me è violenza psicologica.

E c'è di più io non credo neanche nel perdono. Se decidi di andare avanti devi ricominciare, non puoi mettere una toppa con la parola perdono. Il perdono guarda indietro. Io ho deciso di guardare avanti e di fidarmi. Se avessi perdonato io sarei stata troppo forte e la relazione ancora sbilanciata.

martedì 21 settembre 2010

Quell'assurda propensione di dare la parola amore all'infelicità

Una mia debolezza è leggere e interpretare la serendipità e la magia degli incontri.
La considero una debolezza perché è una visione facilmente manipolabile che ben si presta alle suggestioni del momento.
Eppure dietro alla conoscenza delle persone, ne sono convinta, c'è sempre un disegno che riusciamo a decifrare solo lungo il percorso e che ci svela deviazioni imprevedibili e poi si illumina alla fine, quando ne riusciamo a capire il senso. Non ci si rimette mai, anche quando certi incontri poi deludono.

Diversi mesi fa Panzallaria mi invita alla presentazione di un libro. Quando nomina l'autrice mi si ferma il cuore. Lidia Castellani è l'autrice del primo libro sul tema della maternità che ho letto quando ho scoperto di aspettare Leo, più di cinque anni fa. Lo scelsi dallo scaffale con quel giusto abbozzo di pancetta che ti scatena il desiderio di conoscere tutto quello che ti capiterà. Lo scelsi dopo aver messo da parte "Avere un bambino" che mi metteva l'ansia e mi imboccava mille malesseri.
Dire che "Mamma senza paracadute" trattasse di maternità è un po' riduttivo perché in effetti  la storia gira, sì, intorno a una donna alle prese con la sua maternità, ma come fosse un pretesto per sviscerare la natura complessa di una persona, risultato di scelte proprie, di un mestiere che deriva da un talento, quello della scrittura.
Dopo averlo letto l'ho prestato a diverse donne (in questo momento è in prestito) e l'ho anche regalato quando non potevo prestarlo.
L'idea di poter conoscere di persona l'autrice di quelle parole che tempo addietro iniziarono a svelarmi quello che veramente mi sarebbe accaduto mi sembrava una bella coincidenza, una di quelle che ti danno emozione.
Il lavoro poi si è messo di traverso e non sono potuta andare all'evento ma da quel momento ho aspettato con trepidazione l'uscita del nuovo libro "Il corpo non sbaglia".

Sempre il caso e un po' più di audacia hanno voluto che iniziassi a comunicare in rete con Lidia. Le ho confessato il mio compiacimento nel poterle parlare e sentivo nelle sue risposte un senso di stupore, come se si meravigliasse del mio apprezzamento. Questa è una prima cosa che abbiamo in comune: stupirsi delle parole di chi ti stima.

Il fatto che il libro si intitolasse "Il corpo non sbaglia" mi sussurava qualcosa per via di quello che ho vissuto sulla mia pelle. Ma non avevo ancora anticipazioni sulla trama e quindi leggevo via via incuriosita qualche sua intervista. In particolare mi colpì quella di Luca Signorini in cui Lidia accennava di una storia di violenza domestica e poi di solitudine e poi di labirinti.
L’ho scritto pensando a tutti quelli che soffrono per amore e imperterriti continuano a picchiare contro il proprio dolore come mosche contro un vetro chiuso. 
“E se la felicità non fosse in quell’amore, dove l’abbiamo sempre cercata?” E’ la domanda che la protagonista rivolge alle amiche prima di riuscire a dimostrare a se stessa e a loro che un riscatto dall’infelicità è sempre possibile. E’ così che questo romanzo dopo aver smascherato i meccanismi che rendono possibili gli amori infelici diventa un inno alla vita e alla capacità che hanno le donne di ricominciare, sempre, magari anche partendo da un nuovo taglio di capelli.
e poi…
D. [Luca Signorini] Lara, un altro personaggio del tuo romanzo, decide di dichiarare battaglia contro tutte le assurdità che si compiono in nome dell’amore. Questo suo atteggiamento non è in realtà l’ammissione di una sconfitta?
R. [Lidia Castellani] Si, se per amore si intende l’amore che ci fa sembrare normale qualsiasi sofferenza, che giustifica qualsiasi sacrificio anche quello estremo, della vita. ‘E’ una piaga sociale contro la quale non si fa nulla,’ dice a un certo punto Lara che si batte contro la disponibilità ad accettare relazioni fondate sull’infelicità e sulla mancanza di rispetto che ancora oggi troppe donne scambiano per amore.
Scrissi subito un email a Lidia pregandola di leggere La fragilità delle pareti femminili
e poi L'amore assoluto e anche Mettersi a nudo senza vergogna e lei mi rispose che aveva la pelle d'oca. Anche io ero particolarmente turbata.
Ora Il corpo non sbaglia l'ho letto e devo parlare direttamente a lei:

Una cosa, Lidia, non ti ho confessato. L'ultima delle coincidenze, un altro tema trattato che si è infilato spinoso sotto quella pelle d'oca: il tradimento.

Ecco, se abbiamo vissuto l'onta del tradimento leggeremo questo libro accompagnando per mano il personaggio del romanzo e ne vivremo fino in fondo, fino all'ultima riga, il lutto.

Credevo di aver sotterrato l'ascia ma non è così. Non credo che si possa mai superare quel senso di rottura. Vai avanti e scendi a compromessi, rinsaldi il legame con la te stessa più forte, fai pace con la tua solitudine e ne recuperi stabilità ma nulla ti potrà ridare la verginità di prima.

Un'ultima cosa e questa volta mi concedo di farlo rivolgendomi urlando a tutte quelle (sì, è alle donne che voglio parlare e non alle persone, perché in questo momento parlo da donna ferita ad altre donne che sanno essere carnefici) che agiscono senza pensare: perché, dico, perché vi infilate in una relazione senza il diritto dell'esclusiva? Perché il fatto stesso che sia in corso una storia con un'altra, senza porvi il dubbio che sia una storia buona o cattiva, non vi impedisce di proseguire? Sarete mai in grado di mettervi nei panni di chi subisce il tradimento?
"Passo dopo passo mi accompagna la sensazione che fin qui la mia vita sia stata come un pianoforte sul quale ho saputo suonare soltanto tre o quattro note. Ora è arrivato il momento di tentare qualcosa di più. More about Il corpo non sbagliaDi cominciare a vivere sul serio. Possibilmente insieme. E devo dirtelo subito. Da te voglio un amore grande o nulla. Una storia senza menzogne. Cancelliamole tutte e ricominciamo da capo. Con la stessa idea alta dell'amore che avevamo all'inizio. Altrimenti preferisco andare avanti da sola."

lunedì 13 settembre 2010

Imparare dai bambini

A casa di MC, ogni tanto, fa capolino l'opinione di un pediatra che confidenzialmente chiamiamo tra di noi lo zio Berry*. I suoi sono gli unici manuali che hanno fatto breccia nella mia iniziale diffidenza verso quelle che considero enciclopedie pediatriche, non perché siano particolarmente acuti e distinti rispetto alla letteratura sull'infanzia diffusa ma semplicemente perché nei suoi capitoli prevale uno spontaneo buon senso e molta tranquillità. Per sentirmi apposto con la coscienza qualche volta, all'altezza della tappa giusta, mi leggevo il capitoletto e mi dicevo che anche quella (forse) era passata.

Ricordo in uno di questi capitoli come lo zio Berry riconoscesse nella madre depressa una particolare cura nella vestizione del neonato e in seguito del bambino, in netto contrasto con l'evidente disordine del suo aspetto.

Ora, se non fosse che sono chiari i segnali dell'autunno imminente, penserei che in questi giorni si respiri piuttosto un certo "friccicore" primaverile. Saltellando tra un blog e l'altro mi rendo conto che diverse tra le mie blogger preferite hanno simultaneamente trattato il tema dello stile, del concetto di moda, della ricerca di un equilibrio personale nella scelta del proprio guardaroba: Paola è partita alla grande con la sua prima stylish class; Caia esordisce con il suo Fashion Friday, Lalaura risponde al desiderio di cambiamento entusiasta, Piattini inizia ad accennare a una S-fashion. Chi cambia casa, chi da' una mano di nuovi colori alle pareti, a quelle del blog e magari anche alla propria vita. Questo mi fa pensare che a forza di scrivere e di passarsi il testimone si riesca a respirare un po' di positività, quella sostenibile, fatta di alti e molti bassi o almeno ci si prova.

Penso che ci sia molto da imparare dalla gestione dell'aspetto esteriore dei nostri piccoli, dal rigore che seguiamo nel prenderci cura di loro, nel vestirli, nello scegliere il loro guardaroba, nel pianificarlo e nell'organizzarlo e per dimostrarvelo sceglierò volutamente una serie di generalizzazioni in cui sentitevi libere o meno di ritrovarvi. E provo a dare un contributo in tema di stile personale.

I bambini, di media, con una velocità decrescente, cambiano guardaroba ad ogni stagione. Per quanto alcuni capi ci abbiano fatto sciogliere il cuore, passata la taglia dobbiamo rinunciarvi e acquistare (o farci passare) la stagione successiva e questo equivale a un nuovo guardaroba. Ora io questa cosa, ve lo confesso, l'adoro. Il fatto che perché una cosa è diventata troppo piccola io sia costretta a rinunciarvi e a prenderne una nuova mi da' un certo brivido di piacere. Puro consumismo vero ma anche un cambio di pagina, un giro di boa, un andare avanti. E ho pensato spesso che questa cosa mi piacerebbe farla come adulta. In un mondo "ideale" (suvvia passatemi un pensiero su un mondo non prioritario), lo ammetto, vorrei avere il coraggio di eliminare l'80% del mio armadio e sostituirlo, almeno una volta l'anno. Cambiarlo non perché non mi entra più nulla o perché è stato attaccato dalle tarme ma semplicemente perché va rinnovato. Questo significherebbe sostituirlo con una quantità relativa di gran lunga inferiore. Della serie poche cose ma quelle giuste.Una sera ho confessato questa diavoleria alle mie amiche di sempre e una di loro mi ha detto, con estrema nonchalance, che lei lo faceva già. :-D

I bambini, almeno fino a quando noi adulti non li contaminiamo e li trasformiamo in esseri orribili, non fanno confronti tra di loro. Non perdono tempo a guardare se il jeans dell'amico calza meglio e se le gambette del compagno di giochi sono più o meno storte, cicciotte o secche; al limite noteranno la percentuale di occupazione di spazio del super eroe di turno ma l'attenzione è concentrata sul cosa fare insieme, su come divertirsi e magari sporcarsi un bel po'.
Noi adulti sarebbe bene che facessimo la stessa cosa. Dovremmo capacitarci, con una buona dose di realismo, di quello che siamo e iniziare a vivere l'estetica come un mezzo più o meno interessante per raggiungere obiettivi di gustosa socialità e di benessere con noi stessi. Tutta salute!

I bambini quando iniziano ad accorgersi che possono esprimere un parere su cosa indossare (che questo arrivi il più tardi possibile perché verrebbe voglia di sopprimerli) testano dei capricci che in confronto quelli per il passato di verdura scorrono lisci come l'olio. A casa di MC non passano. Se qualcuno si rifiuta di uscire di casa con un certo paia di scarpe o un vestito incomprensibilmente a lui/lei antipatici parte la seria minaccia di uscire scalzi o addirittura nudi. Nessuno di loro ha mai accettato di correre il rischio. Ecco quando capita quella mattina in cui batteremmo noi i piedi a terra, con lo sguardo perso davanti all'armadio, i nostri conviventi dovrebbero minacciarci di buttarci fuori di casa come Dio ci ha creati e allora sì che ci daremmo una mossa.

Curiamo i nostri bambini in modo maniacale. Dopo il cambio o il bagno non perdiamo mai un turno di incrematura. Posto che lo trovo immancabile per il piacere di coccolarli e massaggiarli, la cosa tutto sommato è comunque paradossale, perché i bambini hanno in generale una pelle giovanissima e, salvo casi specifici di problemi epidermici, non avrebbero bisogno di grandi supplementi. Se nutriti e idratati correttamente basterebbe una passata di buona crema o olio di mandorla anche solo due volte la settimana.
Per noi adulti invece, noi donne che ci troviamo ad affrontare gravidanze, allattamento ed età che avanza, è un optional. Mai che troviamo il tempo per prenderci cura di noi con lo stesso ardore. Va bè la superficie da spalmare è decisamente superiore rispetto al batuffolo di ovatta ma non riduciamoci, per favore, a diventare statue di cartapesta.

Quando usciamo per comprare quello che serve per il nostro bambino scegliamo abilmente capi ben abbinati nei colori e magari pure intercambiabili. Consci del punto uno siamo sempre più bravi a fare la lista del must-have più qualche nice-to-have per solleticare il nostro orgoglio di genitori. Non so voi, ma io vesto decisamente meglio i miei figli rispetto a me medesima e loro godono della scarpetta che va bene su più cose, del pantalone mai orfano della maglietta ideale. Sul mio fronte un disastro: intere stagioni in cui una gonna bellissima rimane sola al buio perché non ho mai acquistato il maglione o la giacca da metterci sopra o troppe scarpe che ci azzeccano con solo un vestito a turno. Il risultato è un guardaroba poco funzionale e eclettico, al limite del surreale. La frase più ricorrente: non ho più nulla da mettermi.

Sempre per la regola numero uno, i vestiti dismessi vengono conservati per il figlio due oppure passati agli amici con figli a cascata o venduti su ebay. Io dico, perché non facciamo la stessa cosa? Perché non facciamo una bella festa in cui ognuno porta le cose che non mette più e le mette a disposizione degli altri? Quello che non piace più a noi o non ci entra più o ci sta troppo largo potrebbe far impazzire la mia amica. Cose nuove, come per i bambini, che riprendono vita a casa di un altro.

Per aiutare me stessa, il doc, ma soprattutto la babysitter o le nonne, armadi e cassetti di Leo e Picca sono matematicamente divisi per generi e spesso per colori. Un vero gioco di insiemistica. Suggerisco lo stesso approccio nei nostri di armadi. Ci vorrebbe la stessa organizzazione per velocizzare il momento della scelta ogni maledetta mattina. Se poi fossimo bravi a prepararli la sera prima come magari facciamo per loro, potremmo dormire quei cinque, dico solo cinque, minuti in più.

Quando la mattina i miei bambini mi osservano mentre mi trucco (ve lo dico io mi trucco poco), maschio o femmina, vorrebbero imitarmi e, per salvarmi dall'impaccio, non sto a menarla sulla storia dei maschi e delle femmine, chi lo può fare e non lo può fare. Ci penserà il mondo e le sue convenzioni a spiegarglielo invitandoli a fare le loro scelte. Piuttosto rispondo loro con un pensiero che per ora sembra convincerli e cioè che, secondo me, i bambini sono già belli così e non hanno bisogno di trucchi. Traslerei il pensiero su noi grandi applicando la regola, tanto di moda oggi, del less is more. Anche molti di noi sarebbero molti più belli senza troppi orpelli, artifici e omologazioni.

E con questo vi saluto e me ne vado a giocare su Polyvore...

* T. Berry Brazelton

mercoledì 1 settembre 2010

A casa di Design per bambini

Leo e Picca alle prese con il colore

Valentina di Design per bambini è oramai una cara amica. Persona precisa e rigorosa gestisce un blog che amo molto. Con passione e colore abbiamo conversato.

Le stanze dei nostri bambini parlano di noi e così vado da lei a parlare di me.